L’operazione Adorno è l’attività anti bracconaggio svolta sulle due sponde dello stretto dal Reparto operativo Soarda del Raggruppamento dei Carabinieri Cites e dal Comando Regione Carabinieri forestale “Calabria”
Si spera di restituirlo presto all’ambiente naturale, quando le sue condizioni fisiche lo consentiranno. E’ stata una brutta disavventura quella vissuta da un esemplare di falco pecchiaiolo, impegnato in migrazione sopra lo stretto di Messina e ferito a colpi di fucile dai bracconieri. Il falco è stato ritrovato dai Carabinieri forestali, con l’impiego dell’Unità Cinofila, e condotto per le cure necessarie al Centro di recupero fauna selvatica “Stretto di Messina”.
L’intervento in soccorso del rapace si è svolto nell’ambito dell’operazione “Adorno”, coordinata dal Reparto operativo Soarda del Raggruppamento dei Carabinieri Cites e dal Comando Regione Carabinieri forestale “Calabria”, ed effettuata nelle province di Messina e Reggio Calabria a cui i volontari della Lipu hanno prestato supporto. Fondamentale è stata la collaborazione e il coordinamento con Legambiente, WWF e Man (Associazione mediterranea per la natura) che si occupa anche di gestire il Centro di recupero Stretto di Messina.
Come noto, lo stretto di Messina è uno dei sette black spot del bracconaggio individuate dal “Piano d’Azione nazionale del ministero della Transizione ecologica per il contrasto degli illeciti contro gli uccelli selvatici”: migliaia di migratori vi transitano ogni primavera, in particolare tra aprile e maggio, quando gli esemplari risalgono dall’Africa diretti in Europa per la nidificazione, col rischio di finire nel mirino di incalliti bracconieri.
Oltre al falco pecchiaiolo recuperato, l’imponente operazione Adorno di contrasto al bracconaggio, ha portato a un arresto in flagranza di reato di un pluripregiudicato sorpreso a sparare i falchi e che deteneva un’arma clandestina e che è stato sottoposto a processo per direttissima. Inoltre, sono stati otto i denunciati per detenzione illegale di specie protette (tra cui cardellini di provenienza illecita), 38 uccelli selvatici vivi sequestrati, quattro reti da uccellagione sequestrate e, infine, tre fucili con matricola abrasa e munizioni. In Sicilia i carabinieri forestali hanno sequestrato, tra le altre specie, una coppia di grillai e quattro esemplari di civetta, tutti privi di anello identificativo e dei certificati Cites che ne avrebbe dovuto comprovare la nascita in cattività.
La Lipu, impegnata nel monitoraggio dei migratori e nella segnalazione alle forze dell’Ordine di atti di bracconaggio, ha contato migliaia di rapaci e cicogne in migrazione, di cui la stragrande maggioranza falchi pecchiaioli e diversi esemplari di molte altre specie (20 in totale) tra cui spiccano il falco di palude e il nibbio bruno ma anche capovaccai, albanelle, sparviere e falco pescatore. Ai rapaci in migrazione si sono aggiunte, secondo le segnalazioni dei volontari, anche 153 cicogne bianche e 16 cicogne nere.
“Nonostante il bracconaggio, negli anni, sia diminuito in questa zona del Paese occorre mantenere alta l’attenzione – dichiara Giovanni Albarella, responsabile Antibracconaggio e attività venatoria della Lipu – Rimane fondamentale il presidio del territorio, formato dai Carabinieri forestali coadiuvati dai volontari delle associazioni, ma anche la promozione di attività turistiche a basso impatto, che far conoscere la biodiversità di questi luoghi rafforzandone così l’interesse per la loro conservazione”.
L’azione dei volontari della Lipu si è svolta nell’ambito del progetto internazionale finanziato dalla Fondazione Mava e finalizzato a fermare il bracconaggio nel bacino del Mediterraneo, compreso lo stretto di Messina, uno dei sette “black-spot” individuati dal Piano nazionale italiano contro il bracconaggio. Tutte queste attività avvengono nel contesto della campagna #stopbracconaggio finanziata dal progetto Life Abc.